27/03/12

Riflessioni. Iperrealismo

Non amo molto l'iperrealismo in arte. Credo sia innegabile che si tratti più di un gioco tecnico che non espressivo, in cui la bravura dell'artista prevale su tutto il resto.
E' senz'altro un'arte per tutti e, sebbene l'artista voglia comunque lanciare un messaggio, lo spettatore si trova a non dover considerare nessun di più cervellotico e criptico, sentendosi autorizzato a contemplare l'opera per quello che è e non per quello che sta dietro.
Dunque un'arte Pop, a suo modo, che centra l'obiettivo della comprensibilità e della chiarezza immediata. 
Delizia per il pubblico che si indigna dinanzi ai tagli di Fontana o all'Action Painting di Pollock, croce per tutti coloro che cercano qualcosa di più.












26/03/12

25/03/12

Street Art: Bansky

Segno asciutto, linearità, stencil, rapidità. Bansky ha sdoganato il graffito, rendendolo forma d'arte ricercata e apprezzata in tutto il mondo. Non si deturpa nel suo caso, ma si comunica, si rende l'arte pubblica (davvero) portandola fuori dai musei e dalle gallerie, rivalutando angoli dimenticati e nascosti.
Originario di Bristol (UK), Bansky è diventato uno dei maggiori esponenti della Street - Art a livello internazionale, rimanendo sempre nell'ombra.
Le sue sono azioni rapide, incisive; le sue immagini talvolta poetiche, talvolta dure. L'importante è che esse veicolino un messaggio chiaro e deciso.












20/03/12

Il pensiero del lunedì: Giorgio De Chirico

Un'opera d'arte per divenire immortale deve sempre superare i limiti dell'umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica. 




16/03/12

Arte povera - Germano Celant

Reminder.
PRIMA VIENE L’UOMO poi il sistema, antica­mente era così. Oggi è la società a produrre e l’uomo a consumare. Ognuno può critica­re, violentare, demistificare e proporre ri­forme, deve rimanere però nel sistema, non gli è permesso di essere libero. Creato un oggetto, vi si accompagna. Il sistema ordina così. L’aspettativa non può essere frustrata, acquisita una parte, l’uomo, sino alla morte, deve continuare a recitare. Ogni suo gesto deve essere assolutamente coerente con il suo atteggiamento passato e deve anticipare il futuro. Uscire dal sistema vuol dire rivolu­zione. Così l’artista, novello giullare, soddisfa i palati colti. Avuta un’idea vive per e su di essa. 




Kounellis

Boetti

Pistoletto

Merz



15/03/12

13/03/12

Who's afraid of the big bad wolf? - Adel Abdessemed

Mirone, nel celeberrimo Discobolo, ha reso eterno l'attimo in cui l'atleta compie la sua azione epica. I muscoli sono tesi, l'espressione concentrata, la posa equilibra il movimento di slancio, il disco è tenuto saldamente con una mano. E' immortale, immutabile, perfetto.
L'atleta era l'eroe che andava glorificato per le sue imprese. Per i giochi olimpici si fermavano le guerre. Lo sport era uno spettacolo onorato, un'attività nobilitante sia per il corpo che per lo spirito.
Anche oggi è così. L'atleta è un mito (mondano), il calciatore il un semi - dio, le partite di calcio sono come le lotte fra gladiatori e leoni, intere nazioni si fermano per i mondiali, per un mese, ogni quattro anni le differenze vengono messe da parte. 
E anche oggi questi novelli "discoboli della palla" vanno celebrati per le loro imprese. L'attimo va bloccato, la moviola non basta, l'arte deve fare la sua parte come nella più splendida delle età elleniche.
Ci ha pensato l'artista algerino Adel Abdessemed (Costantine, 1971) che ha esposto, alla David Zwiner Gallery di New York, un' installazione costituita da due parti fondamentali: la scultura in resina Coupe de tete e il pannello Who's afraid of the big bad wolf?. Nella prima non si celebra la gloria, ma la vergogna, in essa è resa eterna la rabbia brutale, la foga del momento, il fallo disdicevole che è costato la finale dei mondiali del 2006 a Zinedine Zidane. In altre parole, nota testata inferta con violenza (?) a Marco Materazzi, calciatore, per altro, noto per le sue frequenti intemperanze. L'opera si completa con con una sorta di enorme pannello fissato a muro e composto da carcasse di lupi imbalsamati e bruciati in modo da conferirgli un colorito scuro.
E quindi, chi ha paura del lupo cattivo? Chi è il lupo cattivo in questo caso? 
L'artista ci parla della violenza nel calcio e dell'attenzione morbosa dei media e degli spettatori per questi incresciosi, quanto futili, accadimenti mettendoli in relazione con la guerra e lo spargimento di sangue dei civili innocenti. Adel Abdessemed ci spinge a rivalutare il nostro metro di giudizio e a riassegnare la giusta importanza alle cose. Lo fa conciliando la tradizione della pratica scultorea con l'innovazione dell'installazione contemporanea.









12/03/12

Il pensiero del lunedì: Bruno Munari

Se volete poi sapere qualcosa di più sulla bellezza, che cos'è esattamente, consultate una storia dell'arte e vedrete che ogni epoca ha le sue veneri e che queste veneri (o apolli) messi assieme e confrontati, fuori dalle loro epoche, sono una famiglia di mostri. Non è bello quello che è bello, disse il rospo alla rospa, ma è bello quello che piace.


10/03/12

I diari di Keith Haring

Alla Keith Haring Foundation di New York hanno effettuato un delicato lavoro di scannerizzazione dei diari dell'artista che saranno esposti alla mostra Keith Haring: 1978 - 1982. Ne verrà pubblicata una pagina al giorno durante tutta la durata dell'esposizione che sarà inaugurata il 16 marzo al Brooklyn Museum e rimarrà aperta fino all'8 luglio 2012. Si tratta della prima grande mostra che pone l'accento sui primi lavori di uno degli artisti più conosciuti del XX secolo. Essa includerà 155 lavori su carta, numerosi video sperimentali e più di 150 oggetti d'archivio.



07/03/12

Chris Ofili: modernità e tradizione.

Nato a Manchester nel 1968, Chris Ofili incarna perfettamente l'idea dell'artista diviso fra cultura tradizionale e modernità d'espressione, divenendo esponente di spicco della cosiddetta Bad Painting.
Formatosi a Londra, alla Chelsea School of Art, prima, e al Royal College of Art, poi, egli ha sviluppato la sua personalissima ricerca artistica in un clima effervescente ed aperto alle nuove culture.
Preso sotto la sua ala protettrice da Charles Saatchi nel 1997, Ofili riesce a sfondare come membro degli Young British Artists, vincendo il prestigioso Turner Prize nel 1998 e rappresentando la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 2003 (in collaborazione con l'architetto David Adjaye).
Profondamente influenzato dai graffiti preistorici visti nello Zimbabwe, nel corso della sua carriera ha affrontato diverse tematiche: dalla religiosità agli stereotipi  della cultura nera. Chris Ofili ha imposto  un nuovo immaginario dell'africanità.
Ricordato probabilmente per l'uso dello sterco di elefante nelle sue opere, egli è riuscito a coniugare l'utilizzo di tecniche tradizionali con il rinnovamento del mezzo pittorico.
Risale al 1998 una delle sue opere più conosciute e che gli è valsa il Turner Prize, No Woman No Cry, che, riferendosi alla celeberrima canzone di Bob Marley, è un'esplicita denuncia del brutale assassinio, di matrice razzista, di un adolescente di colore nel sud - est di Londra.







The Holy Virgin Mary, opera presentata alla mostra itinerante Sensation nel 1999, raffigura la Vergine Maria di colore e circondata da un collage di immagini di donne nude, tratte da riviste pornografiche, che svolazzano come cherubini intorno alla figura della Madonna. Celeberrima la controversia nata tra il Brooklyn Museum of Art e l'allora sindaco di New York, Giuliani, che definì l'opera "orribile e disgustosa".






Nel 2002, presso la Victoria Miro Gallery di Londra, realizzò la celebre Upper Room, una dissacrante rivisitazione dell'Ultima Cena in cui Cristo e gli Apostoli hanno le sembianze di scimmie in netto richiamo al contrasto tra la vita tranquilla delle scimmie stesse e i travagli della vita umana.





Dal 2005 Chris Ofili risiede a Port of Spain, capitale della Repubblica di Trinidad e Tobago, e nel 2007 venne scelto per esporre le sue opere in un'area speciale dedicata all'Africa alla Biennale di Venezia.

Chris Ofili on Artnet

Un pensiero per iniziare

Il modo per essere controculturale e avere un successo commerciale di massa è dire e fare cose radicali in una forma conservatrice. Come ha fatto McLuhan: scrivere un libro per dire che i libri sono obsoleti. Andy Wharol