13/03/12

Who's afraid of the big bad wolf? - Adel Abdessemed

Mirone, nel celeberrimo Discobolo, ha reso eterno l'attimo in cui l'atleta compie la sua azione epica. I muscoli sono tesi, l'espressione concentrata, la posa equilibra il movimento di slancio, il disco è tenuto saldamente con una mano. E' immortale, immutabile, perfetto.
L'atleta era l'eroe che andava glorificato per le sue imprese. Per i giochi olimpici si fermavano le guerre. Lo sport era uno spettacolo onorato, un'attività nobilitante sia per il corpo che per lo spirito.
Anche oggi è così. L'atleta è un mito (mondano), il calciatore il un semi - dio, le partite di calcio sono come le lotte fra gladiatori e leoni, intere nazioni si fermano per i mondiali, per un mese, ogni quattro anni le differenze vengono messe da parte. 
E anche oggi questi novelli "discoboli della palla" vanno celebrati per le loro imprese. L'attimo va bloccato, la moviola non basta, l'arte deve fare la sua parte come nella più splendida delle età elleniche.
Ci ha pensato l'artista algerino Adel Abdessemed (Costantine, 1971) che ha esposto, alla David Zwiner Gallery di New York, un' installazione costituita da due parti fondamentali: la scultura in resina Coupe de tete e il pannello Who's afraid of the big bad wolf?. Nella prima non si celebra la gloria, ma la vergogna, in essa è resa eterna la rabbia brutale, la foga del momento, il fallo disdicevole che è costato la finale dei mondiali del 2006 a Zinedine Zidane. In altre parole, nota testata inferta con violenza (?) a Marco Materazzi, calciatore, per altro, noto per le sue frequenti intemperanze. L'opera si completa con con una sorta di enorme pannello fissato a muro e composto da carcasse di lupi imbalsamati e bruciati in modo da conferirgli un colorito scuro.
E quindi, chi ha paura del lupo cattivo? Chi è il lupo cattivo in questo caso? 
L'artista ci parla della violenza nel calcio e dell'attenzione morbosa dei media e degli spettatori per questi incresciosi, quanto futili, accadimenti mettendoli in relazione con la guerra e lo spargimento di sangue dei civili innocenti. Adel Abdessemed ci spinge a rivalutare il nostro metro di giudizio e a riassegnare la giusta importanza alle cose. Lo fa conciliando la tradizione della pratica scultorea con l'innovazione dell'installazione contemporanea.









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